VIAGGIO TRA I VALORI E I SIMBOLI DELLA REPUBBLICA
“VALORI E SIMBOLI NELLA COSTITUZIONE: IL CAMMINO DALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE AI GIORNI NOSTRI”
Un doveroso saluto alle autorità che ci onorano della loro presenza in questa giornata,
alla cittadinanza tutta ed in particolare ai giovani presenti,
e a chi ci ospita in questa splendida Basilica.
Un profondo ringraziamento ALL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEGLI INSIGNITI DELL’ORDINE AL MERITO DELLE REPUBBLICA SEZIONE TERRITORIALE DI BOLOGNA nella persona del cavalier Salvatore Giarrizzo per avermi invitato a partecipare a questo evento.
Non posso che iniziare questo viaggio tra i valori e simboli della Repubblica partendo con un ricordo della figura di Umberto Terracini, avvocato, politico e soprattutto Vice Presidente dell’assemblea costituente che nel 1946 ha operato la stesura del testo della nostra Costituzione entrata poi in vigore nel 1948.
Lo Spirito della costituente è a mio avviso sintetizzabile in una frase proferita da Umberto Terracini:
“ L’ASSEMBLEA HA PENSATO E REDATTO LA COSTITUZIONE COME UN PATTO DI AMICIZIA E FRATERNITÀ DI TUTTO IL POPOLO ITALIANO, CUI ESSA LA AFFIDA PERCHÉ SE NE FACCIA CUSTODE SEVERO E DISCIPLINATO REALIZZATORE”.
AMICIZIA E FRATERNITÀ, due stelle che dal cielo dovrebbero sempre ispirare il nostro cammino, come Popolo, come Cittadini, e ancor di più chi amministra la cosa pubblica, ossia la nostra Repubblica, la nostra casa.
La Costituzione non è un vecchio libro pieno di polvere ma sono valori, principi, che vanno vissuti che non sono statici ma sono dinamici e innovativi
Un libro che seppur con 71 anni non dovrebbe mai essere impolverato perché chiunque di noi dovrebbe prenderlo dalla libreria a qualunque età per leggerlo, per apprezzarlo per comprenderne la modernità resistendo i principi contenuti anche oggi ed essendo stati scritti lasciando possibile la loro contestualizzazione con i mutamenti della società odierna.
I valori fondamentali della Costituzione che devono essere vissuti ed interiorizzati da ciascuno di noi, che sono fluidi, sono come il refrigerio dell’acqua in estate, ma sono anche come l’aria, non la vediamo, non la percepiamo, ma senza di essa non potremmo vivere, né respirare.
Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, la nostra vita si svolge ed è radicalmente condizionata da tutta una serie di regole che chiamiamo norme che disciplinano la società nella quale viviamo e la nostra stessa condizione personale. Solo per fare pochissimi esempi: quali sono i NOSTRI DIRITTI E DOVERI, come funzionano i diversi servizi pubblici e privati che utilizziamo, chi può esercitare un potere su di noi, a chi dobbiamo rivolgerci in situazioni di bisogno.
Ma è evidente che prima ancora delle singole norme che ci riguardano, esistono necessariamente alcune Regole Fondamentali che stabiliscono chi, con quali procedure, con quali principi ed entro quali limiti, può porre in essere le norme.
Naturalmente tutto ciò muta radicalmente da un’epoca all’altra, da una fase di civilizzazione all’altra: tutto muta e si trasforma.
Nell’epoca moderna e contemporanea, con la progressiva presa di coscienza del Primato dei Valori Personali, a cominciare dalla Libertà e dalla Eguaglianza di ciascuno, si sono contestati quei regimi politici che in precedenza si caratterizzavano essenzialmente per una massima concentrazione del potere su alcuni limitatissimi ceti sociali, se non su un Monarca e sui suoi stretti collaboratori (regimi oligarchici e monarchie assolute).
La caduta di questi regimi si è caratterizzata con l’adozione, ad opera dei soggetti sociali che avevano posto in essere i vari processi rivoluzionari, di apposite nuove Costituzioni, che esplicitamente hanno dichiarato l’eguaglianza fra tutti i cittadini e quali erano i loro diritti fondamentali, quali i valori fondamentali di queste nuove convivenze sociali, quali le regole fondamentali per l’esercizio dei poteri politici
Nell’Italia unita si sono avute solo due Costituzioni: la prima, lo Statuto Albertino (da Carlo Alberto di Savoia, che lo aveva concesso nel 1848), la seconda, che è quella vigente, è la Costituzione della Repubblica Italiana, approvata nel dicembre 1947 a larghissima maggioranza da un’apposita Assemblea Costituente.
L’opera dell’Assemblea Costituente, che ha lavorato dal giugno 1946 AL DICEMBRE 1947 , ottenendo – pur dopo molte e vivaci discussioni – l’approvazione a larghissima maggioranza (circa il 90% dei voti) di una Costituzione certamente molto innovativa rispetto al passato, e sostanzialmente analoga ad alcune altre moderne Costituzioni liberal-democratiche europee.
Anzitutto si prende atto che occorre costruire davvero una “casa comune” per tutti i cittadini, appartenenti a qualsiasi ceto sociale e di qualsiasi provenienza culturale e politica, considerati come PERSONE LIBERE ED EGUALI, in un quadro di rigide garanzie per tutti.
Il punto di incontro è stata una Costituzione tipica di un grande e moderno Stato democratico, di diritto e sociale, e quindi una Costituzione anche necessariamente rigida e garantita.
Rigida perché è sì modificabile, ma con delle procedure complesse c.d. aggravate, che necessitano di un ampio consenso e di una doppia votazione in entrambe le Camere e che può essere oggetto di referendum con votazione popolare.
Nei principi supremi ( i primi 12 articoli) i principi fondamentali che sottointendono i piu’ alti valori costituzionali non e’ invece ammessa alcuna possibile revisione:
- FORMA DI GOVERNO REPUBBLICANA; 2 PRINCIPIO DEMOCRATICO; PRINCIPIO DI IDENTITA’ E UNITA’ NAZIONALE; 3. PRINCIPIO PLURALISTA E DELLA DIGNITA’ UMANA, 4. IL PRINCIPIO LAVORISTA,5. IL PRINCIPIO SOLIDARISTA; 6. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA; 7. PRINCIPIO DI LAICITA’ E DI UGUAGLIANZA DELLE CONFESSIONI RELIGIOSE (PLURALISMO RELIGIOSO)
Ma questo pone certamente molti problemi, a cominciare dai modi per garantire davvero a ciascuno la libertà e l’eguaglianza; poi la convivenza di tante persone e gruppi sociali comporta che esistano istituzioni accoglienti ed efficienti, ma – al tempo stesso – che ci siano anche solidi legami collettivi ed individuali, che permettano una buona vita comune.
È inevitabile iniziare dai principi sinteticamente espressi dai primi tre articoli della Carta Costituzionale, quelli che furono definiti alla Costituente come “la chiave di volta della nostra Costituzione”, chiedendo appunto che fossero posti, di seguito uno all’altro, al suo inizio per divenirne una sorta di criterio interpretativo fondamentale: in realtà in queste brevi disposizioni si trova espressa, in estrema sintesi, la concezione di fondo del rapporto intercorrente fra i soggetti che compongono la nostra comunità politica e l’organizzazione istituzionale, ma anche le caratteristiche di fondo del nostro regime democratico.
L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO. LA SOVRANITÀ APPARTIENE AL POPOLO CHE LA ESERCITA NELLE FORME E NEI LIMITI DELLA COSTITUZIONE.
Qui già emerge la forma di governo che la nostra Costituzione prevede e disciplina, là dove si caratterizza la nostra Repubblica come DEMOCRATICA E FONDATA SUL LAVORO, E NON SUL REDDITO aggiungo: non solo gli organi rappresentativi sono legittimati dalla volontà popolare, non solo la vita politica e sociale di deve poter svolgere in un clima di larga libertà, nel rispetto della pluralità delle opinioni e della autonomia dei soggetti politici (limitati nel loro operare dal “metodo democratico” e cioè dal rifiuto di ogni forma di violenza), ma si indica come valore fra tutti superiore nella convivenza politica il lavoro, inteso, ai sensi dell’art. 4 Cost. nel suo significato più ampio, come “un’attività o una funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società.
Consentitemi poi per rispetto del lavoro della seconda sottocommissione della Assemblea Costituente Presieduta proprio da Umberto Terracini che si è occupata dell’organizzazione costituzionale dello stato che a far chiarezza su di un punto di cocente attualità. Prevedere nell’articolo 1. Che Il Popolo esercita la sua sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione. La costituzione prevede procedure specifiche per la formazione degli organi costituzionali: Vuol dire che il Popolo può e deve votare i propri rappresentanti in Parlamento, i Parlamentari. Il Popolo non nomina il Governo, non è previsto nel nostro ordinamento costituzionale.
La procedura prevista dalla Costituzione è quella che abbiamo visto di recente è il Presidente della Repubblica che nomina il governo dando un incarico al presidente del consiglio che designa i componenti del Governo e che poi prestano giuramento al capo dello Stato. La sovranità popolare non è però sparita, dovendo il Governo per potersi insediare avere la fiducia del parlamento il popolo tramite i suoi rappresentati si riappropria e decide in ultima istanza sul dare il via all’attività del nuovo governo.
Per tornare ai valori, non casualmente, nei dibattiti dell’assemblea costituente la primo grande scelta di campo fu conseguita con l’adozione delle disposizioni che affermano con nettezza il primato della persona e delle comunità sociali rispetto alle esigenze delle istituzioni politiche, nonché la perdurante rilevanza dei valori liberali di libertà e di eguaglianza, ma anche la scelta esplicita per uno stato sociale (e cioè interventista in campo sociale ed economico, al fine di garantire un equilibrato sviluppo e l’eguaglianza sostanziale fra tutti) che interviene per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’uguaglianza effettiva.
Anzitutto vi è l’affermazione netta della priorità concettuale, ma anche giuridica, delle persone e delle realtà sociali allo Stato (“la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”): affermazione che solo in apparenza sembra essenzialmente filosofica, ma che in realtà costituisce la solida base delle libertà individuali e collettive, nonché delle molteplici tutele dei diritti che troviamo in tante successive disposizioni costituzionali.
Ma lo stesso Art. 2 Cost. affianca alla piena tutela dei valori personalistici e comunitari la richiesta che i diversi soggetti adempiano ai “Doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”: prescrizione di grandissima importanza anch’essa, non solo per la significativa aggettivizzazione dei doveri (“inderogabili”), ma per il riferimento esplicito al concetto di solidarietà, e cioè al riconoscimento dell’esistenza di rilevanti interessi comuniche accomunano tutti i soggetti dell’ordinamento repubblicano, senza che quindi alcuno, al di là di tutte le lecite diversità di opinioni e di interessi, possa pretendere di sottrarsi alle responsabilità che gli derivano dal vivere associato.
Una fattispecie quindi aperta, in sintonia con lo spirito Garantista della Costituzione che tutela globalmente ed in qualsiasi forma i diritti della persona.
D’altra parte, occorrerebbe sempre ricordarsi che la prima parte della nostra Costituzione, dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, si conclude con la duplice affermazione che “TUTTI HANNO IL DOVERE DI ESSERE FEDELI ALLA REPUBBLICA E DI OSSERVARNE LA COSTITUZIONE E LE LEGGI”, e che i titolari delle funzioni pubbliche inoltre “HANNO IL DOVERE DI ADEMPIERLE CON DISCIPLINA ED ONORE” (es. TASSE, FEDELTA’ ALLA REPUBBLICA.
Non e’ ammissibile né tollerabile di chinare la testa e stare in silenzio quando si leggono le parole sui social dei c.d. leoni da tastiera col “grilletto facile” e scarso rispetto delle istituzioni ancor più laddove siano ad occupare loro stessi un ruolo nelle Istituzioni.
L’ART. 3 DELLA Costituzione Come ben noto, da questo punto di vista è particolarmente significativo il famoso secondo comma dell’Art. 3 della Costituzione,
“TUTTI I CITTADINI HANNO PARI DIGNITA’ SOCIALE E SONO EGUALI DAVANTI ALLA LEGGE, SENZA DISTINZIONE DI SESSO, DI RAZZA, DI LINGUA, DI RELIGIONE, DI OPINIONI POLITiCHE DI CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI”.
E questo principio non ha certo esaurito la sua funzione con l’intervenuta, seppur lenta, eliminazione di tante vecchie e inaccettabili discriminazioni in una società come quella attuale.
Una scelta assai significativa, poiché senza negare minimamente altri valori, pure previsti e garantiti dalla Costituzione (fra cui anche quelli a tutela della libertà di iniziativa economica o della proprietà privata), si è così voluto consapevolmente marcare la distanza da fasi storiche che hanno visto, di diritto o di fatto, il deciso primato dei valori produttivistici se non del possesso, con la conseguente esclusione dai circuiti decisionali dei soggetti privi di particolari mezzi economici.
Si vuole evitare che coloro che sono sprovvisti di mezzi economici non possano concorrere alla crescita loro e del nostro Paese, o competere come gli altri per la loro istruzione, crescita professionale, per il loro benessere economico.
Il reddito può essere un obiettivo finale ma non il punto di arrivo e per farlo bisogna tornare a creare delle opportunità di istruzione, di lavoro, per creare dei fieri cittadini.
Il secondo comma dell’art. 3 prevede la prescrizione dell’impegno attivo delle nostre istituzioni a rimuovere le tante disuguaglianze di fatto esistenti dà per scontato, da una parte, che “ostacoli di ordine economico e sociale” possano portare – pur in assetti aperti di mercato – a significative alterazioni dell’eguaglianza dei punti di partenza e, dall’altra, che ciò che la repubblica deve, invece, cercare di tutelare è “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Ed anche in questo caso, prima ancora della sua doverosa attuazione in via legislativa, alcune altre disposizioni costituzionali già ne attuano lo spirito, favorendo alcune categorie al fine di cercare di garantire una EFFETTIVA EGUAGLIANZA: si pensi, oltre che a tutti i cosiddetti DIRITTI SOCIALI, ALLA PROGRESSIVITÀ (E NON MERA PROPORZIONALITÀ) DEL SISTEMA TRIBUTARIO O AL COSIDDETTO DIRITTO ALLO STUDIO (non si dimentichi che, fra i diritti sociali, vi è anche l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione “per almeno otto anni”).
Se possiamo indicare solo alcuni altri fondamentali principi che caratterizzano la nostra Costituzione, non vi è dubbio che si debba quanto meno far riferimento al rapporto fra lo Stato italiano e le confessioni religiose.
Gli intensi ed animati confronti alla costituente sulla sorte e collocazione nell’ordinamento repubblicano dei patti lateranensi (e cioè degli accordi che nel 1929hanno definitivamente chiuso la cosiddetta “questione romana” e approvato il concordato con la chiesa cattolica) hanno a lungo messo in ombra l’esatta considerazione dei rapporti fra il nostro stato e tutti i fenomeni religiosi.
Solo la concretizzazione nel 1984 della procedura di revisione bilaterale del concordato e l’adozione di diverse intese con altre confessioni religiose hanno infine permesso di prendere atto della sostanziale analogia di trattamento fra tutte le confessioni religiose, ad integrazione della larga libertà religiosa garantita a livello individuale.
Tutto questo costituisce l’essenza dell’art. 7 della Costituzione.
La nostra Costituzione però prevede anche all’art. 8 che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge e che quelle diverse dalla cattolica hanno diritto ad organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”.
A completamento del quadro l’art. 19 ci dice che “tutti hanno diritto a professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale od associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume.
Il significato di questi valori della Costituzione lo si può ricavare dalla sentenza n. 203 del 1989 della Corte Costituzionale, che ha constatato che le disposizioni costituzionali relative al fenomeno religioso esprimono, nel loro insieme, “il principio supremo della laicità dello stato”, peraltro non da intendere come ostilità o “indifferenza dello stato alle religioni, ma garanzia dello stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
Ed è pure da ricordare che in quella stessa occasione la Corte ha riconosciuto come coerenti “con la forma di stato laico della repubblica italiana” il riconoscimento sia del valore della cultura religiosa, sia del fatto che i principi del cattolicesimo fanno parte “del patrimonio storico del popolo italiano”.
Siamo pertanto dinanzi ad uno stato laico che è “casa comune” di credenti e non credenti, ma che al tempo stesso non discrimina l’esercizio dei valori religiosi rispetto alle altre forme di libertà, né pone ostacoli alla presenza ed azione dei diversi credenti, a qualsiasi confessione appartengano.
Un settore nel quale la costituzione repubblicana ha introdotto alcune disposizioni particolarmente innovative è stato quello relativo ai rapporti del nostro stato con gli altri soggetti dell’ordinamento internazionale: basti pensare al rifiuto della guerra anche solo come strumento di soluzione delle crisi internazionali, o alle grandi aperture verso il diritto internazionale e l’azione degli organismi sopranazionali.
In particolare, la “copertura costituzionale” che così è stata fornita alla adesione del nostro paese al progressivo processo di federalizzazione dell’europa, ha permesso al nostro paese di partecipare fin dall’inizio all’entusiasmante processo di superamento di quelle profonde dilacerazioni fra le nazioni europee che per secoli sono state alla base – non bisogna mai dimenticarlo – di contrapposizioni, se non di odi profondissimi, originando anche ricorrenti e gravissimi conflitti bellici.
Dopo l’ardita fase della grande espansione territoriale dell’unione europea verso i paesi del centro e dell’est europeo, le più recenti difficoltà a progredire ancora, con il conseguimento di un ordinamento sempre più decisamente di tipo federale, non devono scoraggiare, ma semmai richiamare tutti ad una maggiore consapevole prudenza e chiarezza, dal momento che occorre ormai accompagnare l’accrescimento e la razionalizzazione dei poteri dell’ue con la parallela attenta piena salvaguardia dei patrimoni costituzionali dei paesi aderenti.
Al tempo stesso, l’apertura internazionalistica del nostro sistema ha prodotto, in particolare in vari casi, la più ampia tutela di alcune posizioni soggettive attraverso la nostra adesione vincolante agli accordi internazionali a tutela dei diritti umani.
davvero il “senso di appartenenza”, di cui spesso si parla, si concretizza ormai sempre più nella condivisione, consapevole ed a volte anche inconsapevole, di quei valori personalisti e comunitari, solidaristi e di giustizia sociale, pluralisti e di reciproca tolleranza, che caratterizzano il nostro patto costituzionale. lo dimostrano vicende, pur tra loro tanto diverse, come l’accettazione da parte di tutti i grandi soggetti collettivi del metodo democratico nelle lotte politiche e sociali, l’isolamento del terrorismo, il rifiuto del separatismo, la stessa comprovata volontà di difendere l’essenza della nostra costituzione.
anche attualmente non mancano i problemi ed anche i rischi di erodere e contraddire la nostra Costituzione, specialmente sugli importantissimi versanti della LEGALITÀ ORDINARIA E COSTITUZIONALE. Ma si manifestano anche tante diffuse reazioni che fanno tuttora sperare nella perdurante vitalità del nostro patto costituzionale: al di là del doveroso funzionamento delle apposite istituzioni rappresentative o di garanzia, tutte le forze sociali ed i cittadini (più o meno giovani) sono chiamati a prendere posizione.
Il distacco dai simboli della nostra Repubblica sempre più sentito da parte dei GIOVANI ITALIANI è sicuramente generato da un forte senso di allontanamento nei confronti delle personalità che li rappresentano, o, meglio, dovrebbero farlo; una classe politica anagraficamente e ideologicamente incompatibile con i desideri e le richieste delle nuove generazioni e forse anche la scuola o con la reintroduzione del’educazione civica per tornare ad insegnare ai giovani la costituzione e a creare dei cittadini consapevoli.
Tutto ciò dovrebbe indurre a una riflessione e alla considerazione che l’essenza del tricolore italiano, la cui data di nascita è sancita proprio dalla lotta giovanile e studentesca a opera di Giovanni De Rolandis e Luigi Zamboni – due studenti che nel 1794 tentarono una sollevazione contro il potere assolutistico instauratosi a Bologna circa 200 anni prima, utilizzando come simbolo della rivolta proprio il tricolore che diverrà la bandiera italiana, metafora di giustizia eguaglianza libertà – ispirandosi alla bandiera francese è quotidianamente travisata.
La bandiera oggi sembra essere soltanto percepita come un gadget da tirar fuori quando ci sono le partite di calcio della nazionale ed invece è uno dei nostri simboli che potremmo e dovremmo fieramente esporre sempre sui balconi e sulle finestre delle nostre case.
la bandiera è presente, nei principi fondamentali della Costituzione all’art 12 : la Bandiera Della Repubblica è il tricolore verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Avviandomi alla fine del discorso vorrei parlare dell’ emblema che rappresenta simbolicamente la nazione e che come stabilito dall’assemblea costituente nel gennaio 1948 è composto “da una stella a cinque raggi, bordata di rosso, accollata agli assi di una ruota d’acciaio dentata posta tra due rami d’ulivo e di quercia legati da un nastro con la scritta repubblica italiana”.
La Stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell’italia, sul cui capo essa splende raggiante. così fu rappresentata nell’iconografia delrisorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la stella della solidarietà italiana e ancora oggi indica l’appartenenza alle forze armate del nostro paese.
Il Ramo di Ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale.
Il ramo di quercia che chiude a destra l’emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo.
la ruota dentata d’acciaio, simbolo dell’attività lavorativa, traduce il primo articolo della carta costituzionale: “l’italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.
A questi per completezza si aggiungono l’inno nazionale, lo stendardo, e l’altare della patria.
Finisco come ho iniziato con una citazione di Umberto Terracini che è un auspicio personale per le generazioni future a continuare il cammino ed il viaggio tra i valori della nostra costituzione:
“Le Costituzioni stanno sul grande mare del popolo in movimento e salgono con lui; e poi testimoniano del punto piu’avanzato, piu’ alto, cui l’onda e’ giunta “
Stefano Foglia