Un viaggio nella democrazia,
nella partecipazione alla vita costituzionale e politica della nostra Italia.
La convivenza civile basata sulla conoscenza e sul rispetto delle regole che la comunità crea attraverso i processi democratici.
La partecipazione alla democrazia indicata in varie forme nella Costituzione come diretta esternazione della sovranità popolare.
Uno scambio aperto e pro attivo con i ragazzi del Consiglio Comunale Ragazzi di Lumezzane anche alla luce delle altre Costituzioni, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, della Dichiarazione dei diritti del fanciullo.
Riporto qui il mio intervento:
Un doveroso saluto alle autorità che ci onorano della loro presenza in questa giornata, alle istituzioni scolastiche che stanno portando avanti questo progetto,
a tutti coloro che sono collegati ed in particolare ai giovani presenti, collegati a distanza, grazie all’aiuto che anche la tecnologia ci può dare nelle fasi complesse che viviamo.
Un caro saluto a tutti coloro che compongono il Consiglio Comunale Ragazzi di Lumezzane, che con la loro partecipazione diretta alla vita ci danno l’impulso e la spinta per questa conversazione, e la speranza che le giovani generazioni danno al futuro del nostro amato paese.
Doveroso ritengo anche il ringraziamento a tutto lo staff organizzativo di questo incontro e di tutto il ciclo di d’incontri.
Vedete ragazzi, la Costituzione non è qualcosa di statico, di antico.
La Costituzione è invece qualcosa di vivo, che con discrezione è lì a ricordarci chi siamo, come cittadini e come popolo, che ci ricorda chi dovremmo essere, e chi potremmo essere nel nostro futuro.
Che ci dà diritti, doveri, libertà e più in generale delle regole, e che ci consente di avere, ciascuno di noi, la possibilità di emergere, di fare qualcosa di grande, di essere unici.
Non posso che iniziare questo viaggio nella Costituzione, PER PARLARE DI DEMOCRAZIA, DI RAPPRESENTANZA E DI PARTECIPAZIONE, un viaggio tra i valori e simboli della nostra Repubblica, partendo con un ricordo della figura di Umberto Terracini, avvocato, politico e soprattutto Vicepresidente dell’Assemblea costituente che nel 1946 ha operato la stesura del testo della nostra Costituzione entrata poi in vigore nel 1948.
Una figura che quindi insieme a tutti gli altri che hanno costituito quel momento di partecipazione, di confronto e di scrittura della nostra costituzione, ha lasciato come una fiaccola olimpica, quella fiamma sempre accesa nelle mani delle future generazioni, che passa da una generazione all’altra.
Che deve essere custodita, protetta e affidata alle generazioni che si susseguono.
Quel momento iniziale in cui in maniera diretta, con la partecipazione di studiosi e di persone con idee e valori ampi e disparati si diede la luce alla nostra Costituzione.
La Costituzione è figlia di un momento storico in cui si usciva fuori dalle persecuzioni di chi non la pensava come l’ideologia dominante, il fascismo, di chi era quindi ai loro occhi un diverso, di chi aveva idee diverse e quindi non era un cittadino con idee diverse, o un avversario da sconfiggere in delle elezioni politiche, ma era un nemico da uccidere.
Tutto quello che, con la Costituzione, si vuole che non riaccada più.
Lo Spirito della Assemblea costituente è a mio avviso sintetizzabile in una frase proferita da Umberto Terracini che voglio condividere con voi, e spero che qualcuno di voi a sua volta la possa condividere perché no, anche sui social:
“L’ASSEMBLEA HA PENSATO E REDATTO LA COSTITUZIONE COME UN PATTO DI AMICIZIA E FRATERNITÀ DI TUTTO IL POPOLO ITALIANO, A CUI ESSA LA AFFIDA PERCHÉ SE NE FACCIA CUSTODE SEVERO E DISCIPLINATO REALIZZATORE”.
Amicizia e Fraternità, due stelle che dal cielo dovrebbero sempre ispirare il nostro cammino, come popolo, come cittadini e ancor di più in chi amministra la cosa pubblica, ossia la nostra repubblica, la nostra casa.
Quella Assemblea costituente ha lasciato la costituzione nelle nostre mani, di cittadini, di amministratori della cosa pubblica, di studiosi o di lavoratori.
Ci dà un approccio con cui operare, anche se si hanno idee diversi o visioni diverse della cosa pubblica, ma che devono ispirare la vita privata, pubblica o lavorativa di ciascuno di noi.
La Costituzione non è un vecchio libro pieno di polvere ma è fatta di valori, principi, che vanno vissuti e che viviamo ogni giorno magari in modo inconsapevole, principi che non sono statici ma sono dinamici e innovativi.
Un libro che seppur con 73 anni di storia non dovrebbe mai essere impolverato perché chiunque di noi può e deve prenderlo dalla libreria a qualunque età per leggerlo, per apprezzarlo, per comprenderne la modernità resistendo i principi in essa scritti, scritti in altra epoca, ma validi e vivi più che mai anche oggi.
Questo accade perché sono stati scritti lasciando possibile il loro utilizzo e la loro fruizione anche oggi, anche con i mutamenti della società odierna. Principi della fine degli anni 40 con lungimiranza possono adattarsi alla società attuale, ai cambiamenti degli stili di vita, all’evolversi della società e della tecnologia.
i valori fondamentali della costituzione che devono essere vissuti ed interiorizzati da ciascuno di noi, che sono fluidi sono come il refrigerio dell’acqua in estate, ma sono anche come l’aria, non la vediamo, non la percepiamo ma senza di essa non potremmo vivere, né respirare.
Anche se non sempre ce ne rendiamo conto, la nostra vita si svolge ed è radicalmente condizionata da tutta una serie di regole, che chiamiamo norme, che disciplinano la società nella quale viviamo e la nostra stessa condizione personale. solo per fare pochissimi esempi: quali sono i nostri diritti e doveri, come funzionano i diversi servizi pubblici e privati che utilizziamo, chi può esercitare un potere su di noi, e a chi possiamo o dobbiamo rivolgerci in situazioni di bisogno.
ma è evidente che prima ancora delle singole norme, delle regole che ci riguardano, esistono necessariamente alcune regole fondamentali che stabiliscono chi, con quali procedure, con quali principi ed entro quali limiti, può porre in essere le norme.
E come fa il popolo a partecipare attivamente alla vita dell’Italia, della nostra Repubblica?
Lo fa tramite i suoi rappresentanti, lo fa andando a votare, lo fa andando a votare ai referendum lo fa vivendo la vita come singolo cittadino o nelle formazioni sociali, pensate alle associazioni, ai comitati, anche ai gruppi di amici che decidono di porre in essere delle iniziative per se stessi e per la collettività, per gli altri.
Lo si fa dando il massimo nel proprio lavoro, aiutando le persone in difficoltà o segnalando un abuso, un problema, una situazione di sopruso.
naturalmente gli usi e costumi, i modi di fare, gli stili di vita mutano radicalmente da un’epoca all’altra, da una fase storica all’altra: tutto muta e si trasforma.
il percorso storico dalla nascita della costituzione ad oggi, ha fatto sì che con la progressiva presa di coscienza del primato dei valori personali, a cominciare dalla libertà e dalla eguaglianza di ciascuno, si sono contestati quei regimi politici che in precedenza si caratterizzavano essenzialmente per una massima concentrazione del potere su alcuni limitatissimi ceti sociali, se non su un monarca e sui suoi stretti collaboratori (regimi oligarchici e monarchie assolute).
Erano pochi che decidevano e noi, il popolo dovevamo subire. non avevamo dei rappresentanti, non potevamo far sentire la nostra voce, non potevamo esprimere un voto sia tramite i parlamentari sia diretto, per far sentire la nostra voce.
Oggi voi siete la testimonianza che anche voi ragazzi potete far sentire la vostra voce nelle istituzioni, sin da quando siete nei banchi di scuola, come rappresentanti di classe o di istituto, per non dire della grande opportunità che qualcuno di voi vive nel consiglio dei ragazzi.
La caduta di questi regimi si è caratterizzata con l’adozione, ad opera dei soggetti sociali che avevano posto in essere i vari processi per l’epoca rivoluzionari, di apposite nuove costituzioni, che esplicitamente hanno dichiarato l’eguaglianza fra tutti i cittadini e quali erano i loro diritti fondamentali, quali i valori fondamentali di queste nuove convivenze sociali, non solo libertà, che a volte forse diamo troppo per scontate e quali le regole fondamentali per l’esercizio dei poteri politici.
Nell’Italia Unita si sono avute solo due Costituzioni: la prima, lo Statuto albertino (da Carlo Alberto di Savoia, che lo aveva concesso nel 1848), la seconda, che è quella vigente, è la Costituzione della Repubblica Italiana, approvata nel dicembre 1947 a larghissima maggioranza da un’apposita Assemblea costituente ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
la nostra costituzione e’ opera dell’assemblea costituente, che ha lavorato dal giugno 1946 al dicembre 1947, ottenendo – pur dopo molte e vivaci discussioni – l’approvazione a larghissima maggioranza (circa il 90% dei voti) di una costituzione certamente molto innovativa rispetto al passato, e sostanzialmente analoga ad alcune altre moderne costituzioni liberal-democratiche europee.
anzitutto si prese atto che occorreva, e forse occorre ancora oggi ribadirlo occorreva costruire davvero una “casa comune” per tutti i cittadini, appartenenti a qualsiasi ceto sociale e di qualsiasi provenienza culturale e politica, considerati come persone libere ed eguali, in un quadro di rigide garanzie per tutti.
Il punto di incontro è stata una Costituzione tipica di un grande e moderno Stato democratico, di diritto e sociale, e quindi una Costituzione anche necessariamente rigida e garantita.
Rigida perché’ è modificabile ma con delle procedure complesse c.d aggravate che necessitano di un ampio consenso e di una doppia votazione in entrambe le camere e che può essere oggetto di referendum con votazione popolare, strumento principe di democrazia diretta del popolo.
Nei principi supremi (i primi 12 articoli) i principi fondamentali che sottintendono i più alti valori costituzionali non è invece ammessa alcuna possibile revisione, a garanzia della libertà di tutti.
Ma questo pone certamente molti problemi organizzativi, allo stato stesso, alle istituzioni a cominciare dai modi per garantire davvero a ciascuno la libertà e l’eguaglianza; poi la convivenza di tante persone e gruppi sociali comporta che esistano istituzioni accoglienti ed efficienti, ma – al tempo stesso – che ci siano anche solidi legami collettivi ed individuali, che permettano una buona vita comune.
è inevitabile iniziare dai principi sinteticamente espressi dai primi tre articoli della Carta Costituzionale, quelli che furono definiti alla Costituente come “la chiave di volta della nostra Costituzione”, che sorreggono tutta la sua struttura, chiedendo appunto che fossero posti, di seguito uno all’altro, al suo inizio per divenirne una sorta di criterio per dare una interpretazione fondamentale: in realtà in queste brevi disposizioni si trova espressa, in estrema sintesi, la concezione di fondo del rapporto che esiste fra i diversi soggetti che compongono la nostra comunità politica e l’organizzazione istituzionale, ma anche le caratteristiche di fondo del nostro regime democratico, della nostra democrazia.
l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione.
qui già emerge la forma di governo che la nostra costituzione prevede e disciplina, là dove si caratterizza la nostra repubblica come democratica e fondata sul lavoro, badate bene non sul reddito, sul lavoro: gli organi rappresentativi sono legittimati a operare dalla volontà popolare, la vita politica e sociale si deve poter svolgere in un clima di larga libertà nel rispetto della pluralità delle opinioni e della autonomia dei soggetti politici (limitati nel loro operare dal “metodo democratico” e cioè dal rifiuto di ogni forma di violenza).
ma si indica come valore fra tutti superiore nella convivenza politica il lavoro, inteso, ai sensi del secondo comma dell’art. 4 cost., nel suo significato più ampio come “un’attività o una funzione che concorre al progresso materiale o spirituale della società.
consentitemi poi per rispetto del lavoro della seconda sottocommissione della assemblea costituente presieduta proprio da Umberto Terracini che vi citavo all’inizio quella commissione che si è occupata dell’organizzazione costituzionale dello stato a far chiarezza su di un punto di cocente attualità che è nell’essenza di questo ciclo di incontri.
cosa vuol dire prevedere nell’articolo 1. che il popolo esercita la sua sovranità nelle forme e nei limiti previsti nella costituzione. la costituzione prevede procedure specifiche per la formazione degli organi costituzionali: vuol dire che il popolo può e deve votare i propri rappresentanti in parlamento, il voto è un diritto ma anche un dovere, per votare i parlamentari così come i rappresentanti negli enti locali, nelle regioni, nei comuni, nelle città metropolitane.
La costituzione prevede le attività che devono svolgere i singoli organi costituzionali, le modalità con cui si compongono le regole di funzionamento.
Spesso ci troviamo davanti a chi sui social urla e invoca lo scandalo perché il governo non è espressione diretta del popolo. ma spesso si scrive senza conoscere e senza consapevolezza e quindi è importante per voi giovani andare direttamente alla fonte della notizia per evitare di essere strumentalizzati o di credere nelle false informazioni.
La fonte dell’informazione da guardare è la Costituzione.
Il popolo non nomina il governo, non è previsto nel nostro ordinamento costituzionale, non è previsto dalla costituzione, diffidate dalle cialtronerie che spesso girano sui social network.
Quando avete dei dubbi leggete la Costituzione, prendete il libro, scaricatela in pdf, googolate leggendone gli articoli, o guardate la costituzione a fumetti che vi è stata fornita.
Siate consapevoli, siate critici, cercate di avere sempre una vostra opinione e di confrontarvi con gli altri. discutetene.
La procedura prevista dalla Costituzione è quella che abbiamo visto di recente è il Presidente della Repubblica che nomina il Governo dando un incarico al presidente del consiglio che designa i componenti del Governo e che poi prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica davanti al capo dello Stato.
La sovranità popolare non è però sparita, non vi è un inganno o un colpo di stato, non si va contro la costituzione dovendo il Governo, per potersi insediare avere la fiducia del parlamento.
Il popolo tramite i suoi rappresentanti ossia i parlamentari si riappropria del suo potere e quindi decide il parlamento in ultima istanza se dare il via all’attività del nuovo governo, se dare o negare la fiducia a quel governo, fiducia che poi secondo la dinamica democratica e costituzionale può anche negare nel futuro sia con riguardo all’intero governo, sia al singolo ministro.
per tornare ai valori, non casualmente, nei dibattiti dell’Assemblea costituente la prima grande scelta di campo fu conseguita con l’adozione delle disposizioni che affermano con nettezza il primato della persona e delle comunità sociali rispetto alle esigenze delle istituzioni politiche, nonché la rilevanza dei valori liberali di libertà e di eguaglianza.
ma tra i valori fondamentali anche la scelta esplicita per uno stato sociale (che non è in questo caso un gruppo musicale), per garantire un equilibrato sviluppo e l’eguaglianza sostanziale fra tutti perché lo stato deve interviene per rimuovere gli ostacoli che impediscono l’uguaglianza effettiva .
anzitutto si è scelto che ci sia l’affermazione del singolo individuo, di ciascuno di noi, , delle persone e delle realtà sociali allo stato (“la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”): affermazione che solo in apparenza sembra essenzialmente filosofica, ma che in realtà costituisce la solida base delle libertà individuali e collettive, nonché delle molte tutele dei diritti che troviamo in tante successive disposizioni costituzionali.
ma lo stesso art. 2 cost. affianca ai diritti la richiesta che i diversi soggetti adempiano ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”: indicazione di grandissima importanza anch’essa, non solo per la significativa l’aggiunta della aggettivo ai doveri ( quel “inderogabili”), ma per il riferimento esplicito al concetto di solidarietà, e cioè al riconoscimento dell’esistenza di rilevanti interessi comuni che accomunano tutti i soggetti dell’ordinamento repubblicano, senza che quindi alcuno, al di là di tutte le lecite diversità di opinioni e di interessi, possa pretendere di sottrarsi alle responsabilità che gli derivano dal vivere associato.
Anche dall’essere cittadino derivano grandi responsabilità.
Una fattispecie quindi aperta, in sintonia con lo spirito garantista della costituzione che tutela globalmente ed in qualsiasi forma i diritti della persona, della persona, non solo di chi ha la cittadinanza italiana.
D’altra parte, occorrerebbe sempre ricordarsi che la prima parte della nostra Costituzione, dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, si conclude con la duplice affermazione che “tutti hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la costituzione e le leggi”, e che i titolari delle funzioni pubbliche inoltre “hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore” (es. tasse, fedeltà alla Repubblica).
Non è ammissibile né tollerabile chinare la testa e stare in silenzio quando si leggono le parole sui social dei c.d. leoni da tastiera col grilletto facile e scarso rispetto delle Istituzioni ancor più laddove siano ad occupare loro stessi un ruolo nelle istituzioni.
È come vedere qualcuno picchiare un amico e non difenderlo o non prestargli soccorso.
L’art. 3 della Costituzione come ben noto, da questo punto di vista è particolarmente significativo il famoso secondo comma dell’art. 3 della costituzione,
cit. “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali”.
e questo principio non ha certo esaurito la sua funzione con la intervenuta (anche se lenta) eliminazione di tante vecchie ed inaccettabili discriminazioni in una società come quella attuale, che spesso aimè vede discriminazioni anche geografiche nello stesso Stato, come se fossimo ancora all’epoca dei comuni e delle signorie se non nel medioevo.
Una scelta molto significativa, è consentire a coloro che sono sprovvisti di mezzi economici di poter ugualmente agli altri concorrere alla crescita loro e del nostro paese, a competere come tutti per la loro istruzione, crescita professionale e il loro benessere economico, a entrare nelle stesse istituzioni di qualsiasi livello.
Il reddito può e deve essere un punto di arrivo ma per farlo bisogna tornare a creare delle opportunità di istruzione, di lavoro per creare dei fieri cittadini.
L’istruzione come opportunità per la crescita professionale, per poter concorrere con il proprio lavoro alla crescita del paese e non soltanto pensando al proprio benessere economico.
Il secondo comma dell’art. 3 perché la prescrizione dell’impegno attivo delle nostre istituzioni a rimuovere le tante disuguaglianze di fatto esistenti dà per scontato, da una parte, che “ostacoli di ordine economico e sociale” possano portare a significative alterazioni dell’eguaglianza dei punti di partenza e, dall’altra, che ciò che la repubblica deve, invece, cercare di tutelare è “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Chi sta nelle istituzioni a tutti i livelli, anche chi sta vivendo l’esperienza nel consiglio dei ragazzi, deve sempre avere con sé la bussola di questi valori. Sapere che esistono e guardarli come se fossero la nostra stella polare che ci indica la via, il cammino da seguire.
In questa seconda parte del discorso, dopo l’analisi delle esperienze di altri Stati, mi è stato chiesto di fornirvi dosi massicce di realtà, a completamento del percorso sin qui fatto insieme.
Immaginate di andare in vacanza in un altro Stato, o di cercare lavoro all’estero, uno qualsiasi o quello dei vostri sogni, e di trovare sugli annunci delle case, davanti ai bar o ai ristoranti frasi come queste:
“non si affittano case agli italiani”
“è vietato l’ ingresso nel bar ai cani e agli italiani”
“è rigorosamente proibito l’ingresso agli italiani”
Queste frasi sono storia, sono il nostro passato, sono la base con cui noi per primi dovremmo ricordare la nostra storia ed essere migliori degli altri, di chi metteva quelle scritte, essere migliori per non fare come loro e costruire una società giusta, fatta con la testa, con l’intelligenza e non con la pancia.
Siamo un paese di emigranti, che nel dopo guerra sono andati via dall’Italia per cercare fortuna, più spesso un pezzo di pane da mangiare.
Siamo un popolo che con le valigie di cartone legate con lo spago siamo andati a lavorare nelle miniere, a fare i lavori più umili, in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Argentina, ovunque nel mondo, per sopravvivere, per dare un futuro a noi stessi.
Scappavamo dalla povertà, dalla disperazione, dall’impossibilità di dare da mangiare ai nostri figli.
c’è chi ha avuto dei nonni che hanno vissuto queste cose, chi ha un pezzo di famiglia che vive ormai da 40 anni chissà dove.
Andavamo via dal nord e dal sud d’Italia.
I migranti di oggi eravamo noi.
Non è un racconto o un romanzo, è storia.
Se non arriviamo a capire questo aspetto, la Costituzione, la libertà, i diritti non servono a niente, restano principi solo scritti.
libertà di fare o non fare, diritti di fare o che altri non possano fare come mia tutela personale. il mio diritto rappresentato dal dovere dell’altro.
Ad esempio, posso avere diritto ad un servizio se tutti adempiono all’obbligo, al dovere di pagare le tasse con cui lo Stato potrà fornire a me ed ad altri il servizio consentendomi così di realizzare effettivamente un diritto.
Il mio diritto è garantito dal rispetto dei miei doveri, o dei doveri degli altri, altre volte dal concedere le mie stesse libertà ad altri.
Come posso pensare a quell’art 3 della costituzione applicato nei confronti di me stesso se non sono capace di garantire quelle stesse libertà all’altro?
Chi siamo noi, chi è l’altro?
Potremmo sostenere che non esiste il noi e l’altro perché’ siamo tutti uguali, senza distinzioni di alcun tipo ricordate l’art 3?
perché’ come diceva Einstein esiste una sola razza, quella umana!
Negli anni 50 e 60 all’estero gli altri eravamo noi.
Quando i nostri ragazzi laureati oggi non trovano lavoro e devono andare all’estero per trovarlo vuol dire che gli altri secondo quella concezione siamo ancora noi.
Se oggi andassimo a fare le vacanze in un’altra nazione e ci dicessero, qui non potete entrare perché’ siete italiani, come reagiremmo? Le conquiste della storia forse sarebbero cancellate.
Torneremmo a dover fare le lotte fatte nel risorgimento per le libertà basilari, ne avremmo la voglia e la forza?
O resteremmo invece nel confort zone della nostra comodità, del nostro mondo in cui pensiamo solo al nostro io e chissenefrega dell’altro, quasi come se fosse un’unica parola.
A lamentarci che le cose non funzionano, ma a non fare nulla per farle cambiarle, a cominciare da noi stessi.
è troppo comodo criticare e non fare nulla per far cambiare le cose.
Cambiare le cose costa fatica, ci vuole tempo e passione, ostinata determinazione.
Ci vuole la conoscenza del sistema e delle regole, ci vuole coraggio.
Ci sono stati ragazzi come voi o uomini come me che sono morti per dare a noi un futuro migliore.
Siamo pronti noi a fare la nostra parte?
E parlo di noi perché’ mi rivolgo a noi tutti di qualunque età, sesso, razza, lingua, religione, condizione economica o sociale.
John Fitzgerlad Kennedy, il JFK dei film, presidente USA è ucciso per le sue idee, diceva:
“Non devo chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese.”
Se io, sono povero mi si deve dare la possibilità di istruirmi, di poter emergere, di poter avere la possibilità di giocare alla pari con gli altri e con il resto del mondo o siamo divisi in caste, il figlio dell’operaio deve fare l’operaio, le donne in casa e lavare i piatti e pulire la casa?
Sogno nella mia vita di vedere un mondo e un’Italia molto diversa.
E vi racconto una storia di oggi, non di 50 anni, fa la storia di Daniela Cavallo.
Oggi ha 46 anni, la sua famiglia italiana emigra in Germania il papà va a lavorare in Germania alla Volkswagen, famiglia umile, in casa parlavano solo il dialetto, lei nasce in Germania.
A 19 anni va a lavorare nella stessa fabbrica tedesca in un cui ha lavorato una vita il padre, ma lei ha potuto con quegli sforzi studiare.
Oggi Daniela Cavallo è capo del comitato aziendale (supervisory board) di Volkswagen e rappresenta 600 mila dipendenti in tutto il mondo, è ai vertici del colosso delle auto, partendo dal basso, dal nulla, dall’essere emigrante, dall’essere l’altro.
Ma quello che ha vissuto Daniela in Germania potrebbe essere in Italia la storia di Wisdom Amey, giocatore di calcio del Bologna che a 15 anni 9 mesi e un giorno è diventato il più giovane esordiente della serie a, nato a Bassano del Grappa, ma che ancora non è cittadino italiano, anche se parla con accento veneto.
Se lo guardo, non vedo altro che un cittadino italiano.
Immaginare che dei giovani possano avere una visione della cosa pubblica come il loro piccolo impero, la loro confort zone o il regno dove le regole valgono solo per loro e i diritti diventano privilegi mi fa piombare nello sconforto. Questo scenario mi metterebbe ansia, perché vorrebbe dire che tutto il sangue versato e le lotte per la libertà, per la giustizia, per l’uguaglianza delle persone e dei popoli è stato versato invano.
Ragazzi come voi che hanno perso la vita per affermare quelle libertà che oggi diamo per scontate, i diritti a cui non diamo valore.
Ho la libertà di vivere come voglio, ma questa mia libertà non è senza freno, non posso per la mia libertà invadere la libertà di altri, non posso distruggere un diritto dell’altro, non posso essere obbligato o obbligare a fare o non fare qualcosa se non lo dice espressamente la legge.
In questo triste 2020 il bilanciamento tra diritti o tra diritti e libertà lo stiamo vivendo tutti.
Abbiamo il diritto alla salute e la libertà di poterci spostare.
Come fare a bilanciarli insieme, come fare a conciliare l’uno e l’altro.
Ma se la mia libertà individuale invade il diritto alla salute degli altri, rischia di compromettere la salute mia e dei miei cari e in maniera più ampia della collettività, lo Stato deve intervenire.
A garanzia della salute di tutti e che il nostro comportamento non finisca poi per ledere oltre ai diritti anche le libertà di altri, a pesare sulla collettività.
C’è in gioco un interesse superiore a quello mio, a quello del singolo, c’è in gioco l’interesse della collettività, della nazione.
Esistono anche gli altri, la società, le formazioni sociali, siamo un popolo, non viviamo da soli sulla luna.
Certo lo stato sempre grazie alle norme previste dalla costituzione può comprimere le libertà nelle forme e nei modi previste dalla costituzione per evitare il ritorno di regimi autoritari o totalitari dalla cui fine è uscita con quelle lotte a cui accennavo prima la nostra costituzione e la nostra repubblica.
La nostra Costituzione, per essere chiaro anche su un altro tema importante, prevede all’art. 8 che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge e che quelle diverse dalla cattolica hanno diritto ad organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
A completamento del quadro l’art. 19 ci dice che “tutti hanno diritto a professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale od associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
Il significato di questi valori della Costituzione lo si può ricavare dalla sentenza n. 203 del 1989 della corte costituzionale, che ha constatato che le disposizioni costituzionali relative al fenomeno religioso esprimono, nel loro insieme, “il principio supremo della laicità dello stato”, che non è da intendere come ostilità o “indifferenza dello stato alle religioni, ma garanzia messa in opera dallo stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
Ossia nei confronti di tutte le confessioni religiose e di tutte le culture.
Chi sostiene il contrario è un ignorante o un furbetto che sta cercando di fregarvi.
È pure da ricordare che in quella stessa occasione la corte ha riconosciuto come coerenti “con la forma di stato laico della repubblica italiana” il riconoscimento sia del valore della cultura religiosa, sia del fatto che i principi del cattolicesimo fanno parte “del patrimonio storico del popolo italiano”.
Siamo pertanto dinanzi ad uno stato laico che è “casa comune” di credenti e non credenti, ma che al tempo stesso non discrimina l’esercizio dei valori religiosi di qualunque religione, la casa comune del rispetto alle altre forme di libertà, né pone ostacoli alla presenza ed azione dei diversi credenti, a qualsiasi confessione appartengano.
È questa l’Italia dove vorrei che possano vivere e crescere i miei figli.
Anche attualmente non mancano i problemi ed anche i rischi di erodere e contraddire la nostra Costituzione, specialmente sugli importantissimi versanti della legalità ordinaria e costituzionale. Ma si manifestano anche tante diffuse reazioni che fanno tuttora sperare nella perdurante vitalità del nostro patto costituzionale: al di là del doveroso funzionamento delle apposite istituzioni rappresentative o di garanzia, tutte le forze sociali ed i cittadini (più o meno giovani) sono chiamati a prendere posizione.
Il distacco dai simboli della nostra repubblica sempre più sentito è sicuramente generato da un forte senso di allontanamento nei confronti delle personalità che li rappresentano, o, meglio, dovrebbero farlo;
In questo dei giovani ispirati possono fare la differenza.
Tutto ciò dovrebbe indurre a una riflessione e alla considerazione che l’essenza del tricolore italiano, la cui data di nascita è sancita proprio dalla lotta giovanile e studentesca a opera di Giovanni de Rolandis e Luigi Zamboni.
-Due studenti – due martiri del Risorgimento – che nel 1794 tentarono una sollevazione contro il potere assolutistico instauratosi a bologna circa 200 anni prima, utilizzando come simbolo della rivolta proprio il tricolore che diverrà la bandiera italiana, metafora di giustizia eguaglianza libertà – ispirandosi alla bandiera francese, figlia della Rivoluzione francese.
Significato di quel simbolo che è quotidianamente travisato.
La bandiera oggi sembra essere soltanto percepita come un gadget da tirar fuori quando ci sono le partite di calcio della nazionale ed invece è uno dei nostri simboli che potremmo e dovremmo fieramente esporre sempre sui balconi e sulle finestre delle nostre case.
Che è presente, nei principi fondamentali della costituzione all’art 12 : la bandiera della repubblica è il tricolore verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguali dimensioni.
Cari ragazzi, se vogliamo dare un’interpretazione più romantica del tricolore:
Il verde che ricorda i nostri prati, il bianco per ricordare le nevi perenni, il rosso per ricordare il dramma del sangue versato nelle guerre per le nostre libertà.
Avviandomi alla fine del discorso vorrei levare un grido accorato che è un auspicio personale per le generazioni future a continuare il cammino ed il viaggio tra i valori della nostra Costituzione.
VIVA LA COSTITUZIONE, VIVA L’ITALIA, VIVA I GIOVANI.
Bologna-Lumezzane
17 maggio 2021
Stefano Foglia